Un lungo tragitto in taxi. Harish è alla guida, con il suo solito sguardo sereno che trasmette pace. E’una persona leale, schietta, intelligente, ingredienti idonei a soddisfare la mia curiosità.
– Harish…so che in India esistono ancora i matrimoni combinati. Tu come ti senti al riguardo? Com’è possibile sposarsi senza amore?
– Senza amore? Risponde lui. No, no, non è vero che ci si sposa senza amore.
– Ma se non vi conoscete nemmeno, dico io. Raccontami. Come funziona?
E lui, con infinita dolcezza, inizia a parlare.
– I genitori sono le uniche persone che provano per noi un amore incondizionato. Quando scelgono una donna per il proprio figlio lo fanno con tutto il Cuore e l’Attenzione del mondo. Così, un giorno, è arrivato anche per me il grande momento. Mi hanno mostrato la foto della splendida donna che sarebbe poi diventata mia moglie. L’ho guardata.. e ho detto si.
– E se non ti fosse piaciuta? Chiedo
– Se non mi fosse piaciuta avrei potuto dire no e loro avrebbero cercato per me un’altra ragazza. Loro vogliono solo il mio bene, risponde Harish.
– Ok, hai detto si. E poi? Che è successo dopo?
– E poi noi abbiamo cominciato a sentirci, a parlarci, a conoscerci ed è lì che nasce l’amore. Sai, anche qui qualcuno comincia a rompere gli schemi e a sposarsi per amore, soprattutto nelle grandi città. Nessuno però va alla loro cerimonia, sono soli e dopo due, tre anni, lui lascia la moglie sola con i figli e torna a casa. La donna, in India, ha difficoltà a trovare lavoro e la situazione diventa insostenibile. Non ci si sposa con l’emotività, dice Harish. Quando invece i genitori arrivano, anche l’amore arriva. E’ naturale.
Mentre lui parlava guardavo i suoi occhi, volevo sentire tutto ciò che le parole non dicevano. Ho sentito pace, serenità e dolcezza ed ho cominciato a mettere in discussione tutte le mie certezze. Mi sono resa conto che, nonostante tutti gli anni in India, mi porto ancora in tasca il mio metro per misurare le cose, convinta della mia ragione. Butta il metro, mi dicevo, butta il metro. Ho fatto fatica, ma ho dovuto riconoscere che ho sentito in lui un amore profondo. L’ho visto felice… e mi sono stupita. Ho pensato ad alcune persone che conoscevo, quelle persone libere che si sono sposate per amore. Le ho viste infelici…e mi sono stupita. Chi sono io per stabilire le regole della felicità nell’universo degli uomini, quando ancora non ho saputo stabilire le mie? Qualcosa ha tremato nelle mie profondità.
– Tua moglie lavora Harish?
– Si, lavora moltissimo: deve accudire i figli, lavare, stirare, pulire casa, lava e stira per me e cucina. Lavora molto, mia moglie. Non sarei felice se lavorasse fuori perché poi avrebbe due lavori e non è giusto, io ne ho solo uno…
Con grande riconoscenza e rispetto mi parlò di lei e io compresi che felicità e infelicità esistono sempre in relazione a qualcosa. Su quale base ho stabilito che lui dovrebbe essere infelice? Noi, invece, siamo felici? Non è forse vero che siamo tutti prigionieri delle nostre convinzioni e che il mondo, delle nostre regole se ne frega altamente?
Ho aperto la porta di quella casa chiamata mente e sono uscita. Ho capito. Finalmente. E ho gettato il metro dalla finestra
surya