Il concetto di olismo non è sempre così chiaro, ed è spesso stato usato in maniera impropria, soprattutto nel campo delle cosiddette “medicine alternative” che fanno uso di un disomogeneo sistema di pratiche per la cura di varie patologie, per le quali, tra l’altro, non esistono dimostrate prove di efficacia. Esse si basano su concetti astratti e piuttosto fantasiosi che vogliono, per esempio, che massaggiando la schiena si guarisca un piede, secondo il principio che tutto è collegato. Non è esattamente questo il concetto di Olismo.
Il termine “olismo” fu introdotto nel 1925 da un filosofo e politico
sudafricano, Jan Christiaan Smuts, in contrapposizione al meccanicismo, e si diffuse ampiamente sia in ambiente filosofico che nei diversi settori del pensiero umano. Deriva dal greco ὅλος «tutto, intero, totale»
Guardando all’antica Grecia si può osservare che il filosofo invita a portare lo sguardo all’interno, a porre l’accento sulla trasformazione dell’individuo rifiutando ciò che è illusorio, ossia tutti i valori estrinsechi (ricchezza, passioni, convenzioni sociali); questo lavoro di autovigilanza porta all’indipendenza dell’individuo e, quindi, alla libertà; si riconosce dunque il valore dell’Io, tuttavia, la saggezza prevede come fine ultimo l’armonia del singolo con la totalità del cosmo, e non l’aderenza alla propria verità psicologica.
Emancipandosi dagli istinti e dalle passioni il sé individuale accede al tutto, si riconosce come parte della natura; il concetto di libertà è inteso come libertà dai propri demoni interiori, e non come licenza di agire a proprio piacere, anche a discapito degli altri, come avviene invece nella New Age che si arroga il diritto di interpretare liberamente la natura dell’uomo, intervenendo senza cognizione di causa su mali fisici e psicologici – cosa che, tra l’altro, è perseguibile penalmente se non si è medici a tutti gli effetti.
Se si studiano invece le filosofie induiste, l’olismo (anche se ancora non era in uso con questo termine), può ricondursi al concetto di arrendersi alle leggi del cosmo, assoggettarsi alla natura, al tutto. Tutte le strade portano a Dio, alla Totalità o Brahman, tutti i fiumi conducono al Mare. Ma che cosa è questo Dio e che cosa è questo Mare? E come sono fatte le strade? Quale di esse dovrò percorrere io stesso per raggiungere il Mare Divino che mi aspetta? Dio, il Mare, secondo le più antiche Filosofie Orientali, è la conquista della realizzazione consapevole della propria Natura Eterna ed Infinita.
Se mi credo un essere finito e limitato nel tempo avrò sempre paura della morte come dell’incerta vita. Se raggiungerò il Mare, invece, conoscerò il Vero Me Stesso. Non sarò più un fiume che scorre isolato nel tempo, destinato a finire la sua corsa; sarò la fusione con l’Oceano di Beatitudine che vivrà per sempre, al di là delle forme e dello spazio. Ma come potermi fondere in quell’Oceano Divino? Rinunciando ad essere fiume, annullando
il piccolo io individuale per potermi immergere nell’immensa vastità del Tutto.
𝐎𝐥𝐢𝐬𝐦𝐨 𝐞̀ 𝐚𝐠𝐢𝐫𝐞 𝐩𝐞𝐫 𝐮𝐧 𝐛𝐞𝐧𝐞 𝐜𝐨𝐦𝐮𝐧𝐞, 𝐜𝐨𝐦𝐩𝐢𝐞𝐫𝐞 𝐮𝐧’𝐚𝐳𝐢𝐨𝐧𝐞 𝐜𝐡𝐞 𝐯𝐚𝐝𝐚 𝐚 𝐛𝐞𝐧𝐞𝐟𝐢𝐜𝐢𝐨 𝐝𝐢 𝐭𝐮𝐭𝐭𝐚 𝐥𝐚 𝐬𝐨𝐜𝐢𝐞𝐭𝐚̀ 𝐞 𝐧𝐨𝐧 𝐝𝐞𝐥 𝐬𝐢𝐧𝐠𝐨𝐥𝐨.
È difficile cogliere la cultura orientale partendo dal nostro punto di vista, se non a scapito di gravi errori ermeneutici; del resto, abbracciare le Filosofie Orientali non significa rigettare le nostre radici poiché, in ogni caso, non si può prescindere dalla costituzione psichica culturale prettamente occidentale.
Per un inconscio intriso di simboli e miti tipicamente occidentali, la
definizione più precisa e pertinente di olismo oggi potrebbe essere
integrazione, laddove per integrazione si intenda accogliere la parte mancante e assimilarla per giungere, attraverso l’unione di due culture, a una completezza, una visione più ampia e integrale dell’universo.